Giovanni Draghi (1907-1996)

Giovanni Draghi: l’ultimo pescatore professionista

E’ stato l’ultimo pescatore professionista di Rivalta sul Mincio.
Giovanni Draghi, detto Draghin, ha pescato fino ad 80 anni. Pescatori da generazioni, i Draghi, insieme ad altre famiglie tutt’ora residenti a Rivalta, i Todeschi e i Marsili, compaiono già nei registri del 1746; “Draghin”, come molti altri pescatori locali, è sempre stato una persona ruvida e schiva, abituata alla fatica e con il volto segnato dalle intemperie. Personaggio quasi leggendario, conosceva tutto del Mincio e della Valle.
Iniziò la sua attività di pescatore a dodici anni come aiutante del padre Alceste quindi, nel 1924, entrò a far parte della Cooperativa dei pescatori del Lago Superiore. Con lui è venuto a mancare un pezzo di storia del nostro paese. Ha vissuto nel borgo dei pescato ri insieme alla moglie Alba e, nell’ultimo periodo, anche con il fido cagnolino “Tupin”.

 

Intervista a Giovanni Draghi “Draghin”, pescatore professionista. 26 marzo 1994. Contributo del Dott. Aristide Cauzzi.

L’incontro con il più anziano pescatore rivaltese è stato concordato per le ore 15 presso la sua abitazione, una vecchia casa di via Porto, a pochi metri dal Mincio (si noti che Giovanni non userà mai il termine fiume, il quale viene sempre indicato con il suo nome: Mincio, Mens). E’ una bella giornata, c’è un tiepido sole. Quando arrivo, Giovanni mi sta aspettando all’aperto; dopo esserci presentati mi fa accomodare in casa, in cucina, dove la stufa è accesa. Oltre a noi due è presente la moglie Alba. Ci sediamo a tavola uno di fronte all’altro, mentre Alba rimane in disparte, vicino alla stufa, ed interverrà alcune volte nel corso dell’intervista. Non ho preparato delle domande precise, desidero che sia “il Drago” a raccontarsi. Mi chiede subito se l’ho “prenotato” (se lo sto registrando) e inizia a parlare in italiano. . Alcune frasi sono state mantenute nella loro forma dialettale per non perdere l’originalità della conversazione e del personaggio.

“…ho 86 anni già compiuti, il 4 dicembre scorso. Ho pescato per oltre 60 anni, nient’altro, ho versato tutti i contributi, ma non ho ancora avuto risposta. Ho cominciato l’attività nel 1925 entrando nella Cooperativa Pescatori del Lago Superiore di Mantova che in quegli anni contava 47 soci, mentre adesso non c’è più nessuno. Allora avevo 18 anni e al mattino ero già sul lago prima del levare del sole e rimanevo a pescare fino a sera; per questo i negozianti si lamentavano. Ho rinunciato alla pesca da professionista nel ’92; a dire la verità mi hanno convinto a smettere. Ci vado ancora a pescare, ma solo sul Mincio, non sul lago di Mantova. Io reati non ne ho mai commessi; sono uno che rispetta le leggi.

Con la rete possiamo pescare dal primo ottobre e fino al 30 maggio, invece con i bartavelli si può pescar tutto l’anno. Le leggi provinciali bisogna rispettarle. Con le reti si può pescare in modo diverso da quello dei bartavelli. Con la rete si pescano il branzino e il luccio, col bartavello, invece, l’anguilla, il pesce gatto e la tinca. Quando andavamo giù con le reti prendevamo su da mangiare pane e companatico, perché a mezzogiorno mangiavamo in barca.
Fino agli anni ’60 si prendeva bene, poi il pesce ha iniziato a diminuire e di conseguenza anche ciò che si guadagnava. Una volta il lago era più “bascato”, ricco di erbe e di canne così il pesce poteva depositare le sue uova nei luoghi più adatti e si riproduceva naturalmente e in modo abbondante, senza problemi. Ad un certo punto, però, il Genio d’accordo col Demanio ha cominciato a scavare dei canali e a sradicare tutto. Dopo la guerra hanno fatto dei canali per l’irrigazione e per impedire le piene del Mincio. In questo modo l’acqua ricevuta dal Garda viene deviata in molti altri corsi d’acqua con il risultato che il livello in questi anni è molto più basso. Prima della costruzione dei canali, l’acqua del Garda finiva tutta nel Mincio che spesso straripava. Qui dove siamo seduti, nel ’51, c’erano 90 cm d’acqua e per entrare legavamo la barca alla finestra. Solo mio padre ha avuto il coraggio di dormire in casa al piano superiore; io e mia moglie, invece, avevamo paura e siamo andati a dormire in paese, alla “palazzona”. Anche le barche a motore, facendo le onde, non fanno bene al pesce. Credimi l’onda scava il terreno e “spreca” i nidi. Il pesce non va in mezzo al fiume a depositare le uova dove ci sono tre o quattro metri d’acqua ma va a riva perché le uova hanno bisogno di sole che in mezzo al Mincio non c’è. Abbiamo reclamato ancora anni fa; sembrava che ci ascoltassero, invece…In questo modo hanno rovinato il patrimonio dello Stato, perché il pesce è un patrimonio dello Stato. Posso farle una confessione? Io ho sempre amato lo Stato e lo amo ancora.
Noi della Cooperativa avevamo due incubatoi per il luccio in località Belfiore sul lago Superiore di Mantova. Noi soci rispettavamo le leggi governative, avevamo rispetto del lago e con i nostri regolamenti interni pescavamo un giorno l’anguilla, un altro giorno del pesce diverso.
Le faccio una confessione: noi pescatori prendevamo di più che un operaio. Allora, parlo di prima della guerra, un operaio prendeva 8-9 lire al giorno, noi prendevamo di più. Anche se non ci pagavano tanto al chilogrammo, la pesca era così abbondante che prendevamo più di un operaio. Sono contento, anche se ho solo la pensione minima. A me piaceva la pesca, non potevo fare senza. In osteria ci andavo poco, non come molti altri. C’era l’usanza che i pescatori “abitavano” in riva al Mincio e la mia casa quando l’ho comprata non era così; me la sono aggiustata. Sono riuscito a prendere la casa anche a mia figlia. In casa abbiamo la stufa a legna per scaldarci ma facciamo da mangiare con quella a metano e beviamo l’acqua della “tromba” che è molto buona: sono 60 anni che abbiamo la “tromba” in comune con i nostri vicini.
La televisione non la guardo molto e alla sera andiamo a letto presto perché a me le stupidate non piacciono. Siamo contrari alle porcherie in televisione, ci piacciono cose più serene, quando parlano delle famiglie. Mi piacciono le cose civili, le cose di rispetto. Ci siamo già capiti. Adesso mi vede bene, il dottore mi ha mandato all’ospedale per togliermi una ciste al naso. Sono stato a Mantova vicino alla stazione e sono stato trattato proprio bene, non sembrava neanche un ospedale. C’erano le suore, gli infermieri e i dottori. Ma che bel trattamento! Sono stato fin troppo bene: ho mangiato e bevuto fin troppo bene, un bel rispetto e pulizia. Una meraviglia, tutta gente di rispetto.
Sì, so leggere e scrivere. Cosa leggo? I conti. Faccio i conti del pesce con una penna biro, perché il lapis non lo vedo bene. Ah, non mi sbaglio a fare i conti… Il negoziante mi dà le ricevute quando gli do il pesce, poi faccio i conti e mando mia moglie a prendere i soldi; io non ci vado mai, perché mi vergogno, perciò mando sempre mia moglie.
Sì, domani vado a votare, ho sempre rispettato lo Stato, il Papa, la Chiesa e anche gli altri. Sono un “essere” così. Mi sembra di aver fatto sempre il mio dovere e per questo voglio essere rispettato anch’io.

 

Adriano Tomaselli “Tom” lo ricorda così

L’ültim pescadur

Al gh’è restà sul lü, Draghin,
cun al su mens e ‘l su batlin
l’ha mai bandunà ‘l su mester
e anca incö ‘l è cuma ier:
Na magra culasiun, a la matina,
po via, cun bartavèi e ulandina.
I su amich i è ‘l mens, i uşèi,
la fümana, al sul e i canèi;
al parla cu ‘l su vèc batlin,
cu li niuli, cu la Böra e cun Garbin
e quand la sera al turna a cà
la Alba, in sla riva, l’è dre spetà.

TOM ANNO 1993

 

L’ultimo pescatore

C’è rimasto solo lui, Draghin
con il suo Mincio e il suo barchino.
Non ha mai abbandonato il suo lavoro
e anche oggi è come ieri:
una magra colazione al mattino,
poi via, con nasse e rete da pesca.
I suoi amici sono il Mincio, gli uccelli,
la nebbia, il sole, e i canneti;
parla col suo vecchio barchino,
con le nuvole, con la bora, con il ponentino
e quando la sera torna a casa
Alba sulla riva, lo sta aspettando.

Anni ’70 – GIOVANNI STOCCHI, CALAFATO “GALAFAS” RIVALTESE

 

 

ANNI 50 – BÜGANDERI IN “BUCHÈRA” (ZONA UTILIZZATA DALLE LAVANDAIE)