Il dialetto Rivaltese

Li Tronbi

Bèli, bröti, d’ na cérta età,
sul na vintina ’s n’è salvà.
Tronbi gròsi, maestuși,
trumbin, tronbi dignituși,
töti cun na stòria da cuntà,
dop töti chi ani ch’è pasà;
quant’aqua i ha tirà sö!
Sparidi questi gh’an sarà pö!
La su aqua, bèla e ciara,
par chi gh ea la boca mara,
par i pütlet cha scuriatava,
par töti, fresch, li dava,
pècar e bròchi cu la brina:
quala ranciada, aqua fina!
Adès i è là, mèși bandunadi,
sensa cüri, urmai dasmentegadi!
Dòp tanti ani d’servisi e d’cunpagnia,
i è dré sparì ….. cun malincunia!

 

TOM ANNO 1980

Le Pompe dell’acqua

Belle, brutte, di una certa età,
solo una ventina se n’è salvata.
Pompe grandi, maestose,
pompine, pompe dignitose,
tutte con una storia da raccontare,
dopo tutti gli anni che hanno passato.
Quanta acqua hanno attinto!
Sparite queste non ce ne saranno più!
La loro acqua, bella e chiara,
per chi aveva la bocca amara,
per i bambini che scorrazzavano,
per tutti, fresco, loro davano,
bicchieroni e brocche con la brina:
macchè aranciata, acqua buona!
Ora sono là, mezze abbandonate,
senza cure, ormai dimenticate!
Dopo tanti anni di servizio e di compagnia,
stanno scomparendo…. con malinconia.

Il dialetto Rivaltese

Adriano Tomaselli, detto Tom, dedica una poesia anche alle pompe da cui si attingeva l’acqua potabile. Lo fa utilizzando la “lingua” dei nostri nonni, il dialetto (al dialet). La possibilità di accedere all’acqua, ai tempi odierni un gesto semplice e banale, allora non era così scontato. Le pompe (li tronbi) erano, per molti, l’unica possibilità per procurare l’acqua necessaria alla famiglia. Per il Tom qualsiasi occasione è buona per farci conoscere il dialetto rivaltese. Nel “Al Vocabulari dal Nònu”, il Vocabolario del Nonno, pubblicato nel 1979, Tom ci regala un lavoro certosino e puntuale sul nostro dialetto, chiaramente influenzato dalla passata presenza degli Austroungarici e dei Francesi. Nel testo dialettale sono indicati vocaboli, modi di dire, termini che identificano luoghi, giochi e bellissime poesie che prendono ispirazione dagli aspetti più caratteristici di Rivalta. Anche in questo percorso museale utilizziamo termini dialettali cari ai Rivaltesi, ritenendo che il dialetto sia un patrimonio culturale da salvaguardare e conservare quale elemento caratterizzante di una Comunità. Di seguito alcune considerazioni che Adriano Tomaselli ci regala nella sua introduzione al volume “Al Vocabulari dal Nònu”:
“………Mi sono avvicinato a questo lavoro con curiosità e titubanza………..Mi sono trovato in un mondo di povertà e di grande dignità, di miseria e di ricchezza morale. Ho assaporato, ritrovando le radici del nostro ambiente, lo spirito di Rivalta, fiume e campagna. Questo lavoro……….vuole raggiungere due scopi: far sorridere e dialogare. Vuole fare riassaporare, in famiglia, il piacere delle quattro chiacchere a “televisore spento”. E’ anche dedicato ai giovani in cui susciterà sorpresa e curiosità, sarà sprone a far domande (al papà, alla mamma e ai nonni)………Mi auguro di portare nelle case dialogo e, magari, uno “sbrof” (un poco) di serenità, oltre a un po’ di malinconica nostalgia, una folata di gioventù da ricordare col sorriso e “li pütini ai òc” (con gli occhi lucidi dall’emozione). Se con qualche “parola del nonno” riuscirò ad ottenere almeno un sorriso avrò speso bene il mio tempo. Sorridere non costa nulla e fa bene alla salute ed allo spirito….. . Il dialetto è rimasto un passatempo per pochi e per di più anziani. Purtroppo il miraggio dei “bèsi” e i “franch” (del denaro) ha distolto l’attenzione dai valori reali e il vortice del computer e dell’orologio ci sta risucchiando. Quando ce ne renderemo conto sarà troppo tardi. Non si sente più nessuno, oggi, cantare o fischiettare per la strada……….Il sorriso è ormai raro e riappare solo in occasioni particolari…….Le rime, che non vorrei definire poesie, sono un altro pretesto per parlare in dialetto, un appiglio per ricordare qualcuno o qualcosa………”

Al dialet

Urmai, cun la televisiun
a som töti in dal balun.
Al nòstar pütlet sensa cuntròl.
al ris-cia da dventà ‘n scavisacòl!
Bröti robi, delit rivultladi,
parulasi, sangh, mericanadi.
Adès, quasi töti i parla ingles,
mia pö ‘l dialet dal su paes.
A parlà in italian a i è mia bun,
ma cu l’ingles i è di canun.
A costu ‘d ripétar la fôla dal “sapun”*
ti senti dì di gran sfundun.
“Parla cum at magni!” i dșea
e i gh ea rașun , anch s’i redea.
Cèrtu che dès stom töti ben,
vardè i bidun cum i è pien!
A canbia töt, vardè i negòsi:
na möcia d’ròba e …cifri gròsi.
Basta panin, basta chisulini,
töti i völ li “merendini”:
i bèi pom da sgagnà: i a völ mia!
I gh i ha dat, na volta, i ha bütà via!
Ma dès, par curioşità, par rarità almen,
sircomi d’ mantégnar an nòstar ben,
vardom da ricurdas al nòstar dialet:
nuatar, almen, as sentarom pütlet.

TOM ANNO 1989

 

Il dialetto: Ormai, con a televisione/siamo tutti nel pallone./ Il nostro bambino, senza
controllo, / rischia di diventare uno scavezzacollo!/Brutte robe, delitti, sparatorie, /
parolacce, sangue, americanate. / Adesso, quasi tutti parlano inglese, / non più il
dialetto del loro paese. / A parlare in italiano non sono capaci / ma con l’inglese sono dei cannoni. /
A costo di ripetere la storia “dello zappone”, / li senti dire degli
strafalcioni. / “Parla come mangi” dicevano / e avevano ragione anche se ridevano. /
Certo che adesso stiamo tutti bene, / guardate i cassonetti delle spazzature come sono pieni! /
Cambia tutto, guardate i negozi: / un mucchio di roba e cifre alte. /
Basta panini, basta schiacciatine, / tutti vogliono le merendine; / le belle mele da mordere
non le vogliono! / Glie le hanno date, una volta, le hanno buttate via! / Ma adesso, per
curiosità, per rarità almeno, / cerchiamo di mantenere un nostro bene, / guardiamo di
ricordarci il nostro dialetto: / noi, almeno, ci sentiremo bambini.

*Quella del ragazzo che, tornando da militare e volendo dimostrare di aver imparato a
parlare in italiano, dovendosi lavare le mani, ha chiesto lo “zappone”. Il padre l’ha
mandato “nell’ orto”! saun=sapone sapun=zappone